Con un ritorno alla retorica (e negando in buona sostanza che quanti hanno votato Trump siano democratici, ovviamente non con riferimento alla appartenenza partitica) che in una America divisa e nemica suona del tutto falso, nel discorso inaugurale pronunciato dopo il Giuramento e l’entrata in carica, Joe Biden ha detto che intende essere “il Presidente di tutti”.
Che questa – in modo enfatico, mentre larga parte del Paese, al minimo, non lo vuole – è “la giornata dell’America, della democrazia, della storia e della speranza”.
È così tornato il nuovo inquilino di White House al ‘modo’ dei predecessori, Trump escluso.
Di quanti, cioè – come lui espressione degli Asinelli – chiudendo gli occhi e negando l’evidenza, da quasi trent’anni, disprezzando il popolo dei “deplorevoli” (Hillary Clinton docet), hanno largamente contribuito nel vivere a incancrenire i contrasti già operanti e a dilatare le diversità.
Due le Americhe, come aveva, di certo brutalmente ma veridicamente, indicato esistere fin dal suo discorso inaugurale Donald Trump.
Non che il quadriennio trumpiano – se davvero intendeva farlo – abbia inciso positivamente.
In specie, assolutamente no, negli ultimi mesi dominati dalla pandemia e dall’esacerbarsi ulteriore delle contrapposizioni.
V’è comunque grandemente da temere per il tempo che viene se il Capo dello Stato in fieri – come ha evidenziato o voluto evidenziare – non conosce, non sa cosa il Paese tutto si aspetti.